Ai sensi di legge tutte le specie di chirotteri appartengono alla fauna particolarmente protetta.
E’ vietato abbattere, catturare, detenere e commerciare esemplari di qualsiasi specie di chirotteri italiani (L. 157/92, artt. 21 e 30; Accordo sulla conservazione delle popolazioni di pipistrelli europei, art. III; Convenzione di Berna, art. 6; Direttiva 92/43/CEE – D.P.R. 357/1997, art. 8).
L’abbattimento, la cattura, la detenzione e il commercio di esemplari sono sanzionati penalmente con l’arresto da due a otto mesi o l’ammenda da 774,00 Euro a 2.065,00 Euro (L. 157/1992, art. 30, comma 1, lett. b).
L’ammenda può essere innalzata a 4000 Euro se ha effetti significativi sullo stato di conservazione della specie (Direttiva 2008/99/CE – Decreto Legislativo 121/2011, art. 1, lett. a).
I chirotteri non devono essere molestati, in particolare durante le varie fasi del ciclo riproduttivo e durante l’ibernazione. I loro siti di riproduzione o di riposo non devono venir danneggiati, né distrutti (Convenzione di Berna, Cap. III, art. 6; D.P.R. 357/1997, art. 8, comma 1; Accordo sulla conservazione delle popolazioni di pipistrelli europei, art. III).
Interferenze gravi a danno di colonie o siti di rifugio possono essere sanzionate con riferimento alla normativa sul danno ambientale (Direttiva 2004/35/CE- parte VI Decreto Legislativo 152/2006).
La distruzione o il deterioramento significativo di un habitat (anche artificiale) di chirotteri all’interno di un sito Natura 2000 sono puniti con l’arresto fino a 18 mesi e con ammenda non inferiore a 3000 Euro (Direttiva 2008/99/CE – Decreto Legislativo 121/2011, art. 1, lett. b).
Ulteriori misure di tutela e strumenti sanzionatori possono essere previsti dalla normativa delle Regioni e delle Province autonome.
Le specie di chirotteri in allegato B del D.P.R. 357/1997 e s.m.i., possono motivare o concorrere a motivare la selezione dei siti della rete Natura 2000. Tali aree vengono individuate secondo l’iter di cui all’art. 3 e facendo riferimento ai criteri di selezione presentati nell’art. 2 (lettera m) e nell’Allegato C del medesimo testo: si tratta di ambiti che svolgono un ruolo significativo per mantenere o riportare le specie citate in uno stato di conservazione soddisfacente, in quanto presentano “gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita e riproduzione”. Poiché molte specie di chirotteri utilizzano spesso ambienti artificiali nell’ambito dei propri cicli biologici, si sottolinea come la Direttiva non richieda che tali aree siano ambienti naturali. La definizione di “habitat di una specie”, riportata nella normativa, genericamente recita: “ambiente definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la specie in una delle fasi del suo ciclo biologico” (D.P.R. n. 357/97, art. 2, lettera f). Pertanto anche un sito pienamente artificiale, ad esempio il vano di un edificio che ospita un’importante colonia riproduttiva, può essere proposto come Sito di Importanza Comunitaria.